Il Gol Bellissimo: “Un grande gol si ricorda. Un gol trascendente diventa parte della cultura”
Magnus Holt
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Cos’è un gol bellissimo? Ne abbiamo parlato con Roy Thomas, che offre una prospettiva unica su perché alcuni gol restano per sempre impressi nella nostra memoria. Dall’influenza delle tradizioni calcistiche alla spontaneità pura del calcio di strada, la nostra conversazione esplora cosa rende certi gol indimenticabili – e perché la bellezza nel calcio non è mai solo una questione estetica.
“Il Gol Bellissimo” è una serie di articoli in cui esploriamo perché alcuni gol ci affascinano più di altri. Attraverso interviste con esperti, cerchiamo di capire cosa rende un gol veramente bello. Dalla reazione del nostro cervello a un tiro a giro perfetto all’impatto emotivo su giocatori e tifosi, sveliamo il significato più profondo dietro i momenti più memorabili della storia del calcio.
Poche persone comprendono il legame tra calcio e cultura meglio di Roy Thomas, Head of Research and Insight di Copa 90. Thomas ha dedicato la sua carriera ad analizzare la cultura moderna, raccontare storie e plasmare il modo in cui marchi, comunità e individui interagiscono con il calcio. Il suo punto di vista è nuovo e profondamente riflessivo: perché alcuni gol ci colpiscono più di altri?
In questa conversazione, Thomas approfondisce cosa rende un gol davvero bello, come le diverse culture calcistiche definiscono la grandezza e perché il calcio di strada potrebbe rappresentare l’ultima forma pura di espressione in un mondo calcistico sempre più strutturato.
Roy Thomas, cos’è un gol bellissimo?
Un gol bellissimo non si vede soltanto, si sente. Può essere una corsa solitaria elettrizzante, un dribbling tra i difensori guidato solo dall’istinto. Può essere la poesia lenta e ragionata di un’azione con 36 passaggi che culmina nella lucidità di una giovane stella. Oppure un tiro disperato e ribelle da 40 metri, un fulmine che si imprime nella memoria, spezza cuori e ne accende altri.
Ciò che li accomuna è la capacità di andare oltre il gioco stesso, di toccarci nel profondo, di suscitare ammirazione, stupore, esaltazione, incredulità. Un gol bellissimo non è solo tecnica o circostanza. È un istante di pura magia, un promemoria del potere unico del calcio di farci provare emozioni intense.
La cultura calcistica cambia nel tempo e nei luoghi. Diverse culture calcistiche hanno definizioni diverse di bellezza in un gol, o esiste un’estetica universale?
La bellezza del calcio, e della cultura che lo circonda, sta proprio nel fatto che non esiste un’estetica unica, una visione fissa, una definizione universale di cosa rende un gol bello.
Il gioco è troppo vasto, troppo fluido, troppo radicato in storie e stili diversi per essere racchiuso in una sola prospettiva. Un gol che incarna la perfezione in una cultura – un pallonetto delicato, una dimostrazione di pura forza, un lampo di opportunismo – potrebbe non avere lo stesso impatto altrove.
Ed è proprio questo che rende il calcio e i suoi gol così affascinanti. Ogni cultura vede la bellezza con occhi propri, influenzata dal modo in cui il gioco viene giocato, raccontato e tramandato. Non esiste un copione definitivo, solo le emozioni che un gol suscita e il significato che gli attribuiamo.
A volte un gol iconico viene ricordato più per la sua storia che per la sua brillantezza tecnica. Che ruolo gioca la narrazione nel rendere un gol davvero bello?
La narrazione è tutto quando si tratta di sentire davvero un gol. L’imprevedibilità, i colpi di scena assurdi, la follia della storia calcistica sono ciò che la rende così coinvolgente.
Cosa c’è di più bello di un giocatore che torna nel club della sua infanzia e segna il gol che lo salva all’ultima giornata?
Cosa c’è di più bello del giocatore meno atteso in campo che si trova, per un attimo, protagonista di un momento di genio improvviso?
Cosa c’è di più bello del suono del pallone che colpisce la traversa e entra dopo 94 minuti di preghiere disperate agli dei del calcio?
Cosa c’è di più bello di vedere il “cattivo” della storia della tua squadra, quello che l’ha tormentata per anni, deviare accidentalmente il pallone nella propria rete mentre il karma fa finalmente il suo corso?
Alcuni gol sono belli per la tecnica. Altri per il loro significato. Ma i migliori? Quelli di cui non smettiamo mai di parlare? Sono quelli che hanno una storia da raccontare.
Alcuni gol vanno oltre lo sport e diventano icone culturali (il gol del ‘86 di Maradona, Bergkamp contro l’Argentina, le corse inarrestabili di Messi). Cosa rende certi gol immortali?
Alcuni gol non appartengono solo al calcio, ma alla storia. Trascendono lo sport, diventano riferimenti culturali che vengono rivisitati, reinterpretati e riproposti per generazioni.
Se dovessimo scomporre la formula dell’immortalità, potrebbe essere qualcosa del genere:
(Bellezza + Palcoscenico + Importanza) × Portata del Pubblico = Immortalità
Bellezza – Che sia un momento di genialità individuale, un’azione di squadra perfetta o qualcosa di totalmente inaspettato, il gol deve essere visivamente o emotivamente straordinario.
Palcoscenico – Più grande è l’occasione, più peso ha un gol. Un match a eliminazione diretta ai Mondiali? Una finale di Champions? Sono queste le arene in cui nascono le leggende.
Importanza – Non tutti i grandi gol sono decisivi, ma quelli che restano nella memoria tendono a definire epoche, spezzare cuori o cambiare la storia.
Portata del Pubblico – Alcuni gol vengono visti da milioni di persone in tempo reale, altri raggiungono lo status di mito nel tempo. Più vasto è il pubblico, maggiore è l’impatto culturale.
Alcuni gol spuntano tutte le caselle: la corsa di Maradona contro l’Inghilterra nell’‘86 fu un capolavoro tecnico, avvenne sul palco più importante, aveva un significato geopolitico profondo ed è stato visto in tutto il mondo. Altri diventano leggendari per ciò che rappresentano: il gol di Michael Thomas ad Anfield nell’‘89, quello di Aguero nel 2012, la volée di Zidane nella finale di Champions 2002.
Un grande gol si ricorda. Un gol trascendente diventa parte della cultura.
Il calcio amatoriale è ormai uno spazio dove spontaneità ed espressione pura vengono più apprezzate? E i gol di strada possono catturare qualcosa che il calcio professionistico ha perso?
In molti modi, il calcio di strada è l’antidoto perfetto a un calcio professionistico sempre più “sanitizzato”.
Al livello più alto, il calcio è ormai uno spettacolo iper-ottimizzato, controllato al millimetro, dove ogni movimento è tracciato, ogni decisione analizzata e ogni dettaglio influenzato dai dati. Ma nei campetti, il gioco è ancora puro, imprevedibile, caotico. È qui che il calcio si esprime in maniera più genuina, con istinto, gioia e spontaneità.
Per questo i gol di strada sono così speciali. Un colpo di tacco improvvisato in un campetto di periferia, un gol così assurdo che non si vedrebbe mai in una partita ufficiale… Questi momenti sono reali, liberi da schemi, guidati solo dal desiderio di giocare.
Il calcio di strada non è solo uno spazio dove la spontaneità viene apprezzata, è dove ancora vive.
Qual è il tuo gol preferito tra quelli candidati al People’s Puskás?
Difficile scegliere, ogni gol merita rispetto. Ma per me, il migliore è quello di Theo Barbara per BW Gottschee: la combinazione di tecnica, audacia e fiducia è stata incredibile.
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